Riconoscere la tendenza a copiare e a riprodurre contenuti altrui è un’ottima occasione per resistere a una certa tipologia di Formazione di Coaching e ai Formatori-Troll.
Le fonti della formazione, come quelle delle informazioni, sono una parte molto importante del processo di miglioramento. Lo sono ancora di più, per chi si occupa di formazione, se permettono lo sviluppo di quello che viene erogato.
Chi si interessa di formazione solitamente ha una serie di “punti di riferimento” (maestri, formatori, mentori, guru… chiamateli come preferite) a cui costantemente s’ispira.
L’ispirazione può scivolare nella riproduzione impersonale dei principali tratti distintivi: contenuti, politica commerciale, tempi e modalità di erogazione dei processi formativi; in pratica il rischio maggiore è quello di scivolare in un deleterio comportamento di “copia-incolla”.
Guardando il fenomeno dalla prospettiva di chi viene copiato, invece, più si è bravi e più si viene imitati; più si vale qualcosa, più si viene attaccati, criticati e vessati.
Spesso il risultato finale di quest’approccio è lusinghiero e permette di rafforzare la propria notorietà. Poi, c’è la parte più interessante:
- chi viene copiato in qualche maniera rafforza la sua leadership di mercato
- chi viene copiato è più motivato a cambiare, migliorare, evolversi per dimostrare quanto vale (e credetemi, il mercato se ne accorge velocemente).
Poi ci sono quelli della peggior specie… quelli che copiano e parlano male, in pratica predicano bene e razzolano male. Sono quelli che fanno del “parlar male” una vera e propria strategia: usano il paradosso, la provocazione e l’approccio da troll.
Questa tendenza viene agevolata dal web e dai social, veri e propri luoghi ove “scaricare” frustrazioni di vario genere. Si tratta di un meccanismo simile a quello dell’invidia, una forma di “lode mascherata” da attacco, peraltro effettuato in modo ripetitivo e fuorviante. Funziona così: alla falsa denigrazione viene costantemente affiancata la pedissequa riproduzione di contenuti e modelli, figlia di una deficitaria identità professionale e (molto spesso ahimè!) di una non solida caratura morale.
Del resto, quando si parla male degli altri è facile cadere in un errore grossolano: dimenticare se stessi. L’esperienza di chi parla (e in alcuni casi di chi sparla) si trova alla base dell’esperienza interiore in cui l’altro viene inserito; si tratta di personali fantasie che hanno a che fare con il proprio modo di essere e di fare.
In pratica si parla male dell’altro perché lo si immagina in situazioni che supponiamo di poter capire, perché ne abbiamo esperienza diretta o perché la congetturiamo.
L’essere umano, infatti, può vedere le cose esclusivamente attraverso i propri occhi, ed è lui stesso ad adattare lo sguardo tramite i suoi pensieri, i suoi desideri e le sue tendenze. Quando incontrate un Coach, un formatore che vi parla male degli altri, sappiate che è soprattutto di se stesso che vi sta parlando; proietta sull’altro ciò che conosce molto bene di sé.
Nel mondo del Coaching e del miglioramento personale esiste un’aggravante: più è forte l’Ego della persona che parla male, maggiore sarà la critica, perché ritiene di conoscere la realtà, di riconoscere perfettamente lo stato di fatto delle cose. E invece ciò che si conosce veramente bene è solo il proprio modo di essere e di fare.
Fatti queste domande:
- Chi è intento a migliorare se stesso ha tempo per criticare gli altri?
- Una persona felice, realizzata, sicura di sé, parla male degli altri?
Chi manifesta malignità e cattiverie contro gli altri, lo fa perché tenta di abbassare l’altro al proprio infimo livello. Insomma, può un maldicente formatore passare per persona capace, coerente e originale diffamando l’altro?
Infine fai attenzione: anche nella formazione di Coaching parlar male degli altri, assumere una facciata di professionalità e rispettabilità, può celare una montagna di spazzatura.
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